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Io, il tempo e la sovrana (2021)

“Io, il tempo e la sovrana” è un progetto che si è articolato in due diverse localizzazioni all’interno dell’Orto Botanico: la grande serra (interno), la vasca storica con le lenticchie d’acqua e zone limitrofe (esterno).

I temi affrontati per questi lavori costituiscono un unicum concettuale che si è declinato nelle differenti opere: il passaggio del tempo in stretto rapporto con l’evoluzione e il mutamento espresso dal fare artistico, simbolicamente rappresentato dal grassello di calce sciolto nelle vasche d’acqua (interno ed esterno) e dalla sua trasformazione chimica a contatto con l’aria.

Nella Serra Grande sono disposte sei vasche in metallo contenenti acqua e calce, in ognuna delle quali vi é una stele in plexiglass raffigurante l'artista come appariva in sei differenti performances da lei realizzate in tempi e luoghi diversi nel corso del tempo, la successione delle steli é in ordine cronologico rispetto ai lavori performativi che rappresentano.

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Di primo piano è stata anche la relazione con le risonanze storiche del luogo espositivo, in particolare la fascinazione esercitata dalla presenza di Cristina di Svezia, carismatica ed eccentrica Sovrana che dimorò nel palazzo Corsini fino alla morte avvenuta nel 1689. Appassionata del conoscere e del sapere, fu con lei che nacque e prese significato il "salotto culturale", dove si discuteva oltre che di storia, arte e astronomia, anche di scienze occulte e alchimia.

Tale fascinazione, ha condotto l’artista ad immaginare la Sovrana viva nel giardino con le sue attività (cenacolo alchemico simboleggiato in esterno da un tavolo con libri antichi, fogli con formule alchemiche ed alambicchi in vetro). Cristina è stata inoltre la protagonista di una performance proposta dalla Vici per il giorno dell’inaugurazione della mostra. La performer, nel percorso esterno individuato, era accompagnata da una giovane soprano, che di tanto intanto cantava brani tratti da opere di compositori prediletti dalla Sovrana. Questo come omaggio all’attività di mecenatismo musicale svolto da Cristina a Roma e al suo sostegno alle cantanti che godettero della sua protezione.

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«I Genii e le Muse amano la Libertà»
Installazioni osmotiche per Cristina di Svezia
 
di Alessandro Cremona

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«L’argomento delli discorsi e problemi si lasciano all’elettione di chi ha da farli, sapendo Sua Maestà molto bene che li genii e le muse amano la libertà e crede che ognuno vi saprà portare materie degne dell’assemblea»i.

 

La libertà creativa, che ci appare rivendicazione e conquista della modernità, era già stata intuita e resa operativa in questo settimo articolo dello statuto dell’Accademia Reale, germogliata nel 1656 dal proposito di Cristina di Svezia e riorganizzata definitivamente nel 1674 nella sua ultima dimora romana di Palazzo Riario. Un virgulto che fruttificherà,qualche decennio più tardi, sul versante più strettamente letterario, nell’Arcadia di Gravina e Crescimbeni. Ancora a Palazzo Riario,e sotto la protezione di Cristina, nel 1677 venne avviata l’Accademia di Fisica e Matematica diretta da Giovanni Giustino Ciampini: negli annessi laboratori si approntavano libere pratiche alchemiche cui prendevano parte personaggi di fama come il marchese Massimiliano Savelli Palombara, Francesco Maria Santinelli, cameriere maggiore di Cristina, e l’enciclopedico padre gesuita Athanasius Kircher.

 

Palazzo Riario fu dunque il luogo del dispiegamento di questa auspicata libertà di creazione: poesia, teatro, musica, discussioni accademiche, letterarie, scientifiche e pseudo-scientifiche. E assieme al palazzo il suo kèpos, l’annesso giardino prospettico, organizzato “alla francese”quasi certamente per ordine di Cristina con parterres en broderie, bosquets e compartiments de gazon. Nel 1648 la regina aveva chiamato in Svezia il grande André Mollet, artefice dei contemporanei sviluppi francesi dell'arte dei giardini, affidandogli il rinnovamento del Kungsträdgården, il giardino reale di Stoccolma: Mollet dedicherà alla regina, «douée de tant de sagesse & rares cognoissances»ii, il trattato Le jardin de plaisir, pubblicato in tre lingue nel 1651, le cui tavole esplicative si offrono come modello al disegno del giardino Riario così come appare evidente in alcuni documenti iconografici degli inizi del Settecento, antecedenti alla vendita della proprietà ai Corsini (1736)iii.Libertà nell’invenzione decorativa entro l’ordito razionale dell’impianto

 

L’Accademia di Cristina, «una sorta di porto franco delle idee»iv,fu dunque l’organo propulsore di un’azione culturale di evidente stampo olistico, capace«di generare stimoli creativi e desiderio di emulazione»tra gli artisti partecipanti, chiamati «a produrre in un contesto» e ad aderire a un’«estetica complessiva»v.In tal senso la figura di Cristina, e il giardino dove ha vissuto e operato, oggi trasformato in Orto Botanico cittadino, si sono rivelati decisivi per l’azione degli artisti coinvolti nella rassegna OSMOSI – Risonanze d'arte contemporanea, volta alla contaminazione con gli ecosistemi del parco e tesa a creare “armonici contrasti tra gli equilibri della natura e il caotico ordine dell'artificio”, nell’alveo della coniunctio alchemica prima ricordata e con uno sguardo deciso verso la dimensione simbolica e fisica del tempo.Nell’esercizio della libera commistione tra suggestioni ed echi di sensibilità personali, s che hanno evidentemente esitato in una scambievole compenetrazione di esperienze artistiche.

 

Nel palazzo e nell’annesso giardino dei Riari, testimoni di rappresentazioni in musica e in recitazione e di confronti dialettici,pare risuonare ancora l’eco di una tensione performativa che ha senz’altro intimamente suggestionato gli artisti partecipanti, capaci di orientare le loro scelte creative in senso site-specific all’interno dell’attuale Orto Botanico.

La performance“teatral-musicale” di Donatella Vici Io, il Tempo e la Sovrana, commentata dal canto non accompagnato di Sibilla Lione su melodie e accenti dei grandi musicisti dell’entourage di Cristina e itinerante per i sentieri dell’Orto,filo d’Arianna tra le sette installazioni artistiche poste nel giardino. Qui il rimando alla «Donna tutta dedita alle scienze, agli studij et alle operationi virtuose»vi è esplicito e si giuoca metaforicamente con le trasmutazioni delle lenticchie d’acqua (Lemna minor), presenti in una vasca in pietra della zona delle piante acquatiche a cui si affianca una vasca di metallo contenente acqua e calce che inscenano il processo della carbonatazione, entrambe sotto lo sguardo “intelligens” di due stele,con il ritratto di Cristina e con quello dell’artista, sua alter ego temporale. La perfomance si conclude con la ricostruzione allusiva del “Cenacolo Alchemico”, dove compare la raffigurazione della “porta alchemica” realizzata dal marchese di Palombara nella sua villa all’Esquilino e ancor’oggi esistente nel giardino di Piazza Vittorio,dove si svolgono misteriose operazioni di contaminatio chimica, con immagini stampate su trasparenti che si dissolvono in chiarità impensate, ancora una volta emulando il processo trasmutativo, da Nigredo ad Albedo, praticato nella ricerca del Magnum Opus alchemico.

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i Cit. inMichele Maylender, Storia delle accademie d'Italia... Volume 4, Bologna 1929, p. 402.

ii André Mollet, Le jardin de plaisir, Stoccolma 1651, p. A2.

iii Si veda Enzo Borsellino, Palazzo Corsini alla Lungara. Storia di un cantiere, Fasano 1988, pp. 37-40.

iv Claudia Tarallo, Nuovi documenti sull’Accademia Reale di Cristina di Svezia, in Le accademie a Roma nel Seicento, Roma 2020 p. 203.

v Francesco Luisi,Cristina di Svezia e l’arte oltre l’arte, in Letteratura, arte e musica alla corte romana di Cristina di Svezia, Roma 2005, p. 152.

vi Cit. inCesare D’Onofrio, Roma val bene un'abiura: storie romane tra Cristina di Svezia, Piazza del Popolo e l'Accademia d'Arcadia, Roma 1976, p. 95.

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