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In principio (1988)

L’impatto a sorpresa di una grande scultura percorribile, ideata da Donatella Vici, struttura solida, ma dalle soffici pareti. Ben poco ha a che vedere con gli ”ambienti” cinetico-visuali. Lontana anche dalle laconiche geometrie delle sculture ambientali minimaliste. Troppo raccolta per essere paragonata agli interventi di land art. Troppo costruita per essere ricondotta alle strategie ben note dell’impacchettamento.

Eppure, carica di risonanze. Soprattutto per le sue capacità di proporsi come apertura orizzontale dell’oggetto che assorbe le identità in un catartico smarrimento, che insegna al soggetto come orientarsi nel nuovo scenario dell’arte. Dispositivo capace di straniare gli incontri, di attrarre i ”corpi estranei” nel suo bianco interno labirintico. Labirinto triangolare, largo 9 metri e alto 2, realizzato in ferro e legno, nonché avvolto (impacchettato) da oltre mille metri di carta giapponese.

Al di là del suo trasparente simbolismo di emblema femminile ”ternario” (nella cultura mediterranea antica è infatti questa la forma che allude alle divinità femminili). L’opera si pone come puro percorso di attraversamento, come spazio ”abitabile” che non si lascia comprendere da una postazione privilegiata, ma richiede di essere appreso via via, con e nella molteplicità dei sensi. Lo spazio è appunto inteso come labirinto: una costruzione complessa, che richiede, per definizione, un sapiente progetto.

L’arte contrappone alla pure estasi comunicazionale il polo attivo di una costruttività rinnovata. Alla mera celebrazione della rete, una diversa ginnastica sensoriale: la seduzione dello spazio-oggetto, attivata dalla strategia concettuale dell’opera. Di un’opera, appunto per questo, che non rifiuta di confrontarsi con l’immagine saliente del nostro tempo: lo spazio del presente è infatti proprio questa complessità bianca.

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- Enrico Cocuccioni, Rivista Segno nr. 079, Novembre 1988.

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